In ricordo di Papa Ratzinger

Cultura, fede e ragione, la vita di un uomo.

Il 31 dicembre del 2022, ultimo giorno di un anno come tanti, e per certi versi sciagurato, si è conclusa la vita di un uomo, che oltre a essere uomo è stato anche  Papa: Joseph Ratzinger.

   Un uomo non comune che ha dedicato la sua esistenza, lui direbbe quella  terrena, completamente rivolta allo studio della parola di Dio, la teologia.

   Un tedesco la cui scomparsa, peraltro non improvvisa vista la Sua età, mi ha colpito profondamente e addolorato, come già avvenne in occasione della scomparsa di altri grandi personaggi della cultura.

   Di quest’uomo, umiltà, dignità, onestà morale e, soprattutto, smisurato Sapere sono le caratteristiche che più di altre mi hanno colpito.  Un grande intellettuale e un raffinato teologo che considerava i libri “fedeli compagni di una vita”; il Suo impegno pastorale è ruotato attorno ad una fede granitica e sul tormentato e millenario scontro, interamente filosofico, tra fede e ragione. Un Papa che ha saputo conciliare lo studio approfondito della Sua dottrina, forse privilegiandola, rispetto all’esercizio del “potere” temporale storicamente legato al trono di Pietro oggi comunque non più in linea col modo di interpretare il mandato petrino.

   Un Papa dal pensiero così profondo tale da oscurare del tutto l’attualità del vivere e il relativismo ad essa connesso, persino tanto “conservatore” da indossare l’obsoleto camauro, come Papa Giovanni XXIII.

   Benedetto XVI ha dedicato il Suo magistero alla ricerca teologica di un punto di unione, un’armonia, tra due dimensioni contrastanti e, forse, antinomiche: fede e ragione.

 Argomento storicamente scomodo per una religione di stampo dogmatico, ove il conflitto tra fede e ragione ha causato in passato gravi conseguenze. Quando la fede, ogni tipo di fede, si contrappone al sapere e alla ragione si possono avere gravi conseguenze, basti pensare a Galileo Galilei e alla tremenda fine dell’”eretico” Giordano Bruno. 

   Ragione e fede dunque, argomento ricorrente e proposto in ogni rievocazione della figura di Ratzinger e chissà quante volte meditato e confrontato con altri “dogmi” filosofici, sicuramente a Lui ben noti descritti da grandi filosofi come Hume, Cartesio, Leibniz, con la gigantesca figura su tutti di Immanuel  Kant,  il più grande critico della ragione. Tutti hanno ragionato se, come e quanto la ragione possa sconfinare nella fede con la disperata ricerca della dimostrazione dell’esistenza di Dio.

   Di certo Ratzinger, finissimo conoscitore della storia della filosofia, non avrebbe potuto essere in linea con il  concetto kantiano di fede e ragione,  che è del tutto improponibile per il cattolico, e molto più aderente al pensiero protestante.

   Collocando Dio in ambito metafisico, cioè al di là della ragione umana, Kant  postula che la religione  e quindi l’immortalità dell’anima debbano restare nei limiti della razionalità con Dio al di là del sensibile, cioè irriconoscibile dai sensi.

   Se la nostra ragione faticosamente cerca di raggiungere la verità (quella filosofica naturalmente) in che modo l’uomo, con la sua fede e la sua ragione, può arrivare ad una, anche se incompleta, conoscenza di Dio? E’ Ratzinger che ce lo suggerisce: attraverso la ricerca di punti di incontro, la ricerca di piccole somiglianze all’interno di grandi differenze, le cosiddette analogie.

   Il sottilissimo ragionamento kantiano, sicuramente conosciuto dalla cultura di Ratzinger, ha condotto Kant a non includere la metafisica in ambito scientifico consegnandola di fatto alla dimensione della fede e della morale.

   Diamo comunque anche a Kant il beneficio di essersi sbagliato o, quanto meno di essere caduto nel dubbio cartesiano, infatti ha lasciato scritto nella Critica della ragion pura che «se è necessario convincersi dell’esistenza di Dio, non è altrettanto necessario che la si dimostri».

 

   Benedetto XVI è scomparso, dopo un decennale “silenzio” sostanziale ma non formale legato alle ben note “dimissioni”, un “silenzio” in apparenza mai contrapposto alle spinte progressiste della Chiesa universale. Il Suo è stato un apostolato da un verso non sempre capito per la profondità del Suo pensiero che ha permeato ogni Suo discorso pubblico, e dall’altro talvolta osteggiato  sul filo di una  dialettica forbita dalla ”opposizione” interna, ma mai in linea con la innata raffinatezza lessicale  del pontefice.

   Con la scomparsa di Benedetto XVI perdiamo un frammento gigantesco di cultura e del pensiero umano, che nel Suo caso coincide con il convincimento teologico di un futuro metafisico ma che deve essere anche stimolo ad una riflessione universale e autonoma alla ricerca di una verità, di una morale ed etica che è insita in tutti noi che dovremmo perseguire  il bene comune oltre che nostro. Quella morale,  come direbbe l’immenso Immanuel Kant “a priori”, cioè dentro di noi.

   Chissà se Benedetto XVI una volto giunto “sul passo estremo della più estrema età” di mefistofelica memoria non abbia pensato alle parole di un altro gigante del pensiero e dell’ascolto, il “nostro” cardinale Carlo Maria Martini che ci invitò a non “temere la morte, perché è la sentinelle a guardia del Mistero

Un contributo del Dr.Adriano Tagliaferri docente della U.T.E. di Bollate-Garbagnate-Novate.